IAl momento cui appartengono i palazzi Guarini, largo S. Giusto, Morelli in via Marco Basseo e la Cattedrale di Oria – e si è già al mezzo del Settecento – va assegnato quest’altro lavoro di Michele Manieri che, breve quanto a latitudine di prospetto, instaura nella sua altezza con l’antistante, angusta via un dialogo reso civile ed essenziale dall’elastica tensione che, ignorando pause e cesure, lega a quello inferiore il piano nobile, saldando il portone al balcone e le due finestre alla coppia dei balconi.

 

Questa unitaria coerenza che caratterizza l’esterno si allenta all’interno, nel capriccio della scala incassata entro un vano percorso, come una torre campanaria, da alte monofore a sesto acuto, il cui slancio ricorda il prospetto verso il cortile del mandurino Palazzo degli Imperiali, ma anche nella lunga corsia del balcone che, preesistente ai lavori del Manieri, come rivelano le seicentesche mensole, spazia ad angolo retto dal cortile fin verso il giardino.

 

Il giardino, la cui architettura è stata ridi-segnata dagli attuali proprietari, è stato oggetto negli anni Novanta del Novecento di un restauro botanico, che ha avuto come tema la ricostruzione di un tipico giardino “chiuso” leccese. Sono state piantate varie Bougainvillea in posizione scenografica. Tra le alberature di nuovo inserimento, accanto ai preesistenti agrumi e kaki, una Jacaranda, una Lagunaria, una Washingtonia robusta. Sui lati del camminamento rettilineo, introdotto da due Polygala myrtifolia, si trovano bordure di Santolina e agapanto, mentre il secondo livello se lo contendono varie specie di Hebe dai fiori azzurri, i camedri e le citronelle.Sulla destra è una grande aiola a prato, do-ve vi sono tappezzamenti di Lamium a fiore giallo, quinte di bamboo a ricoprire il muro e, sul retro del sedile di pietra, una siepe di bosso che la incornicia e la definisce. Nel prato, spicca un gazebo di ferro con lo stemma dei Palombi.

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